Speciale Ghinea #10: Giornata di metà inverno
su "Midwinter Day" di Bernadette Mayer e il senso del rifugio
Il 22 dicembre 1978 — venerdì, solstizio d’inverno — la poeta statunitense Bernadette Mayer abbozza l’intero testo del suo lungo poema Midwinter Day, “Giornata di metà inverno”. Mayer si nasconde in un armadio del suo appartamento al civico 100 di Main Street, nella cittadina di Lenox, Massachusetts, dove ha sistemato un registratore e può dettare al microfono idee e versi senza essere interrotta dalle sue bambine, Marie e Sophia. È forte di due settimane di allenamento quotidiano per ricordare meglio i suoi sogni notturni, ha già appuntato liste di articoli letti sul giornale, libri presi in prestito dalla biblioteca locale, scrittrici celebri che sono anche state madri. È la giornata di luce più breve dell’anno e Mayer, in uno slancio di invidiabile produttività, organizzazione e lucidità, appunta l’equivalente di centoventi pagine in forma di versi liberi, prose poetiche, quartine in rima, scritture automatiche, scale di paragrafi, elenchi e muri di testo. Il racconto dell’intera giornata inizia con i sogni dell’alba, continua con le commissioni del mattino, le faccende di casa del pomeriggio, il quieto ritiro della sera e finisce con il nuovo sonno notturno.
Credere all’impresa mitopoietica di Mayer porta a un cortocircuito narrativo. Da una parte la prova stampata della scrittura che vuole farsi registrazione e fotografia, ma che non restituisce alla lettura lo spazio analogo allo scorrere delle ore, anzi, lo dilata e restringe. Dall’altra, l’incredulità che l’annotazione possa sostituirsi alla vita vissuta nel microscopio di un giorno, l’impossibilità materiale del preparare la cena e contemporaneamente scrivere di star preparando la cena. La giornata di metà inverno è sineddoche, un giorno qualsiasi per tutti gli altri giorni, ma è insieme epica, la giornata della mamma casalinga di provincia, fondativa, irripetibile. Mayer stessa risolve il paradosso, in coda al poema, scremandosi via, lasciando indietro intatto il metodo — comprovato, testimoniato — del vivere secondo un senso.
From dreams I made sentences, then what I’ve seen today,Then past the past of afternoons of stories like memoryTo seeing as a plain introduction to modes of love and reason,Then to end I guess with love, a method, to this winter seasonNow I’ve said this love it’s all I can rememberOf Midwinter Day the twenty-second of December
Dai sogni ho fatto frasi, poi quello che ho visto oggi,Poi oltre pomeriggi passati di storie come ricordiFino a vedere una semplice introduzione ai modi di amore e ragione,Per finire poi credo con amore, un metodo, per questo inverno di stagioneOra ho detto questo amore è tutto ciò che ho in menteDella giornata di metà inverno il ventidue di dicembre
Ad oggi non ci risulta esistano traduzioni integrali in italiano di Midwinter Day. Bernadette Mayer è mancata il 22 novembre 2022.
[Alt Text: copertina color blu notte di Midwinter Day di Bernadette Mayer nell’edizione del 1982, titolo e autrice scritti in corsivo bianco panna attorniati da una cornice sottile. Fonte.]
Sogni
Bernadette Mayer non interpreta i propri sogni. Sogna le stesse persone, banalità e cose della sua vita diurna: analizzarli per scoprire quale indicibile desiderio soddisfano è un esercizio irrilevante, spiare il suo subconscio nudo, insignificante. Tutto, o quasi, si ripresenterà per davvero, pesante e rumoroso e odoroso, oppure ricordato, immateriale, durante il giorno. Parenti lontani, un “tu” somigliante al compagno Lewis Warsh, focaccine al latte e patate ben diverse dai “tortini da sogno” senza grasso, tavoli operatori, elettricisti anonimi, amiche, gang di assassini a bordo di motociclette, il prezzo $26.75, strade di una piccola cittadina di notte, il pene di Gregory Peck, conoscenti, l’ansia delle economie per il cibo e l’affitto, cataloghi di accessori per l’infanzia, Charlotte Corday, “31 o 32 o 33 muffin mangiati”, una luna sbiadita.
Una fase REM scattosa che traduce in linguaggio l’azione ritemprante e conservativa di un cervello a dovuto riposo: sedimentazione di memorie, riordino di stimoli, drenaggio di sinapsi, ristoro del corpo, risparmio di calore, smaltimento di scarti metabolici, prove cognitive di ipotetici scenari reali. Come gli occhi rapidi sotto le palpebre, quelli svegli impegnati a leggere rimbalzano celeri da un verso troncato al successivo, tornano indietro alla cosa appena detta, scivolano all’immagine slegata appena dopo. Ma il progressivo concludersi del ciclo del sonno di Mayer è un lento focalizzare dell’equazione che governa la sua vita sveglia:
This is the mathematicsI’m the mother and the poet
Questa è la matematicaSono la madre e la poeta
da cui consegue il dilemma/incognita,
Can we trust words to hold the babies now?Ora ci fidiamo che le parole tengano i bambini?
e subito fulmina il dormiveglia il timore che amare — parole e bambini e tanto altro insieme — sia un gioco a somma zero, una risorsa limitata. “Un cuore che scambia un amore colpevole per tutti” sembra un io che appena sveglio già si sente costretto dal tempo, rallentato e infiacchito nella traduzione di affetto dal materno al coniugale all’amicale all’intellettuale allo spirituale.
I’d like to knowWhat kind of person I must be to be a poetI seem to wish to be youLove is the same and does not keep that nameI keep that name and I am not the same
Vorrei sapereChe tipo di persona devo essere per essere un poetaSembro desiderare essere teL’amore è uguale e non ha quel nomeIo ho quel nome e non sono uguale
La testa ancora affondata nel cuscino, Mayer apre gli occhi, senza sveglia, all’esperienza imperfetta dei legami che vivrà durante la giornata. Sa che se qualcosa è, allora è diverso, eppure è costantemente lo stesso tipo di azione. Mayer non è certo il tipo da lagnarsi per la noia del carico mentale, l’illogicità dei bambini, le limitazioni della casa e della cittadina suburbana: cruciale, nella giornata di Midwinter è la capacità di sommarsi di ogni singolo gesto: nessuna energia è persa, nulla è tolto al gioco o alla penna perché è stato dato anche alla pentola e alla carezza. L’equilibrio è tale da non aver davvero bisogno di essere tradotto in parole per funzionare. “Il poema è una mappa” e non importa se le parole si perdono, saltano via, non arrivano fino in fondo, non importa perché “Non ci sono parole in questo libro, solo immagini”. Sono immagini cangianti, “il cielo blu è grigio”, “il letto è inventato” e sta di fianco alla “finestra come una pagina” anche se entrambi compongono un immobile in affitto, “un rifugio dagli elementi”. E il vero risveglio di Mayer è affermare, guardando la luce, che non c’è finzione nel “grigio sacro” della giornata fuori dal vetro.
Mattino
An idea I have is to spend days walking nights writing never eating, sleep only when it rains and have an occasional beer.
Ho quest’idea in cui passo le giornate a camminare le notti a scrivere non mangio niente, dormo solo quando piove e di tanto in tanto una birra.
La realtà è ben diversa perché Marie e Sophia hanno bisogno di fare colazione ed essere guidate nel loro lavorio costante di nominazione del mondo. Marie ha portato uno schiacciapatate sul suo letto, e un termometro rappresenta ancora qualcosa di incomprensibile per le bambine, sebbene già mettano “le cose dentro le cose” — ogni giorno più abili a intendere la logica che lega parola a oggetto a significato a funzione, come già illustra la loro madre, in quanto tale, come anche disfa e smonta la loro madre, in quanto poeta.
Lo spazio del soggiorno e tutto ciò che contiene può essere esaurito in descrizione, ma “non puoi raccogliere da terra qualcosa visto sulla pagina”, e Mayer sa che non conta quanti libri le persone leggono, nella collisione avrà sempre la meglio un neonato che sbatte il cucchiaio contro la tazza scagliandola giù dal tavolo. I piatti che sembrano puliti, peraltro, sono invece ancora da lavare, ma almeno i vestiti sono stati riposti — “anche se l’ho fatto e non volevo”, neanche l’ordine risultato motiva davvero lo sforzo fatto. Imbacuccate e inguantate a fatica, l’altra scarpina che continua a cadere, le tre escono in direzione centro città: ci sono commissioni da fare.
Mezzogiorno
Lenox, Massachusetts, vanta illustri legami letterari. Nei dintorni ci sono “le vecchie case di Edith Wharton, Nathaniel Hawthorne, Herman Melville, William Cullen Bryant e la suocera di Edith Wharton, la casa natale di W. E. B. DuBois, e posti che Oliver Wendell Holmes ha frequentato”. L’attuale poeta cittadina, intanto, entra in biblioteca per restituire, in ritardo, I tre piccoli gattini e C’è un mostrino nel taschino. La biblioteca pubblica, aperta a orario ridotto per risparmiare sul riscaldamento, è il luogo d’incontro con gli abitanti perbene di Lenox, onesti cittadini irritati dalla scenata di pianto e capricci in cui esplode Marie nel silenzio della sala. Un essere così piccolo può produrre energia tanto sproporzionata da impedire che acqua offertale da bere, mani che la massaggiano, cappottini infilati a forza contro il freddo plachino sfinitezza e furia. Mayer trascina le figlie via in fretta dalla biblioteca, chiedendosi perché tanto imbarazzo, e se “in un’altra civiltà una piccola sfuriata potrebbe non sembrare minacciosa quanto un temporale sporadico”. Che pericolo rappresenta la famiglia di Mayer per l’onesta Lenox? “Due scrittori e due bambine ognuno dei quali ha l’altra”. Addirittura la madre di Lewis li ha accusati di egoismo, di non pensare che alla poesia. Invece di lavorare, guadagnare, comprare, sfoggiare, si presume.
Il rombo dei passeggini sul marciapiede del centro di Lenox è un’abitudine ripetuta, una passeggiata già fatta innumerevoli volte, fatta ancora una volta senza che succeda nulla — “Nothing happens” — monotonia e mancanza di eventi la misura del successo della formula urbana di Lenox.
It’s 12:15 p.m.Everything circumscribed but what of nature’s still around,No place any different but for the limits of fear and love,
Sono le 12:15Tutto circoscritto ma che cosa della natura è ancora in giro,Nessun posto diverso se non per i limiti della paura e dell'amore,
E il limite è argine e misura dell’essere vivi: al supermercato può essere acquistato solo ciò che è possibile pagare — firmando un assegno da $3.34 — e trasportare a casa con la forza delle proprie braccia. Riduzione all’essenziale che lascia posto ad altre unità di misura per segnare il tempo o affermare la propria presenza come unità multipla:
[…] today our combined ages add up to 71 yearsAnd all together we weigh 350 pounds, the temperature’s 28 degrees,It’s 1:15 p.m.
[…] oggi le nostre età sommate fanno 71 anniE tutti insieme pesiamo 158 chili, la temperatura è -2 gradi,Sono le 13.15
Controllo e continenza si spostano altrove quando la risorsa più copiosa è il tempo — “niente da fare se non poesie, lettere d’amore e bambini, sperare per la primavera” — e si accetta di affrontare ogni giorno il contrario dei i simboli di benessere più comuni e ambiti — “ferie disgustose, stanze fredde e finire i soldi ancora una volta”. La scelta di Mayer è un compromesso che accetta l’austerità necessaria, affatto maligna, ma denigrata da chi celebra il rispetto del silenzio dentro una biblioteca forzatamente calda o chiusa, lo sradicamento dell’ultimo cespuglio di more disponibile a tutti in centro città, l’intera giornata di luce sacrificata a un’entrata puntuale. Rientrare è un rifugio, non meno riparato dalle “serrature dell’amore sicuro” perché è anche un luogo di lavoro, e non meno soggetto alla “perfidia casuale del movimento”: rotolare con le bambine nella neve del primo pomeriggio è un desiderio semplice, farlo finché si è vecchie niente più che una proiezione in parole.
[Alt Text: Bernadette Mayer seduta sul davanzale della finestra nel soggiorno del suo appartamento a Lenox, nel 1978. Attorno a lei librerie colme di libri, un tavolo con sopra una macchina da scrivere. Di spalle, una delle bambine cerca di attirare la sua attenzione, ma Bernadette guarda fisso l’obiettivo. Fonte.]
Pomeriggio
Una puntata di aprile 2019 del podcast The Organist è dedicata alla vita finanziaria di Bernadette Mayer — “Give Everybody Everything: The Financial Life of Bernadette Mayer” — un’intervista che ripercorre scelte e trasferimenti dettati dalla necessità di conciliare poesia e sopravvivenza prima, durante e dopo la stesura di Midwinter Day. A 73 anni Mayer si definisce “ancora povera”: i lavori sporadici su cui ha fatto affidamento — insegnamento, correzione di bozze, redazione editoriale, oltre che la vendita di lettere e libri firmati, a volte contraffatti — nel tempo sono spariti o si sono tecnologizzati oltre le sue capacità di adattamento. Eppure Mayer è orgogliosa di “aver avuto tutt’e tre i suoi bambini per la somma totale di $800”, ed è sopravvissuta senza telefono, senza conto corrente, tenendo il contante sempre dentro una copia dei Sonetti di Shakespeare.
Durante la parentesi a Lenox, Mayer e Warsh scelgono deliberatamente di non lavorare e di abitare in una città dove non c’è bisogno di un’auto: vivono di sussidi pubblici, aiuti mensili dalla famiglia di lui, vincono sovvenzioni dal National Endowment for the Arts. Si danno dei turni: Mayer dorme la mattina, si occupa delle bambine nel pomeriggio, Warsh poi le dà il cambio, la sera può scrivere. Mayer ricorda di essersi spesso chiesta se non avesse fatto un torto ai suoi bambini mettendoli al mondo per farli vivere in condizioni di rigida frugalità, al limite dell’indigenza. Elenchi delle spese, bilanci elaborati per arrivare alla fine della settimana, del mese, calendari per monitorare l’arrivo degli assegni: il denaro non era mai abbastanza, ma comunque non scarseggiava mai abbastanza da costringerla a trascurare la poesia per guadagnarne di più.
Now’s the best time to be a mother, everybody’s hungry when we first get home, Marie wants another orange, she asked for it three times before she got her coat off, Sophia needs lunch before her nap, Lewis coffee bread and butter, Clark and I want beers but I guess it’s too early so we just share one.
Questo è il momento migliore per essere madre, tutti hanno fame quando torniamo a casa, Marie vuole un’altra arancia, l’ha chiesta tre volte prima di togliersi il cappotto, Sophia ha bisogno del pranzo prima del pisolino, Lewis caffè pane e burro, Clark ed io vogliamo una birra ma immagino sia troppo presto quindi ne dividiamo solo una.
“Tutto è commestibile” guida l’approccio culinario di Mayer, per pranzo si mangiano spaghetti e mentre Mayer affetta gli ingredienti, le cipolle, le più piccole ed economiche, diventano virgole nella salsa, le gocce d’olio punti nella mappa, la pasta lettere. L’attenzione di Mayer è senz’altro divisa, ma il lavoro è preciso, senza sbagli o tagli impropri. Sylvia Plath si fece male al pollice affettando cipolle — What a thrill — / My thumb instead of an onion. (Cut, 1962) — e il polpastrello insanguinato la ipnotizzò in una spirale di immagini violente, scollegandola dalla sua cucina e dalla presenza attiva nella sua vita. Mayer, al contrario, è radicata nella casa, osa accontentarsi del lavoro ben fatto nascosto dietro un piatto di pasta per quattro persone.
Affettare verdure è un piacere: significa scomporre una forma caratteristica in tante piccole forme uguali, riportarla al seme, e mentre cucina Mayer ricorda altre donne che hanno tenuto in piedi case oltre che parole — “certe scrittrici morte che sono come madri assomigliano di più a falene, vanno alla luce di notte come amiche”. Anne Bradstreet, Harriet Beecher Stowe, Margaret Fuller, Gertrude Stein, anche la contemporanea Diane di Prima. La prima scrittura postprandiale è ancora legata al cibo, è una lista di tutto quello che la famiglia mangerà nei tre giorni seguenti, quando i negozi saranno chiusi per le feste di Natale. La prima lettura, favole lette ad alta voce. Mentre le bambine dormono, Mayer si avvicina alla finestra della cucina, guarda gli alberi ghiacciati e si accende una sigaretta: è la prima volta che si trova ferma e sola dall’inizio della giornata.
Sera
Al tramonto la luce tinge la stanza di rosa e la neve di blu. Mayer inizia un dialogo, c’è un “tu”, racconta a Lewis la sua stessa storia, dov’è nato e come hanno vissuto dopo essersi conosciuti, commentano quello che c’è da fare, il prezzo delle cose, gli scrive da dentro la poesia.
Dear Lewis,I know nothing is not an amazing thing to say, I do know nothing, I don’t know what anything is, I’m lost among everything which is a green word and I know what everything is, loss of meaning, red and green, my compliments to you!”
Caro Lewis,So che niente non è una cosa incredibile da dire, io non so niente, non so cosa sia niente, mi sono persa in mezzo a tutto che è una parola verde e so cos'è tutto, perdita di significato, rosso e verde, i miei complimenti a te!
È ora che le bambine vadano a letto, Mayer sa che “il resto della serata sarà dedicato tanto al lavoro quanto all’amore”, ogni frase è sempre comunque indirizzata a lui, ma quando scrive d’amore, Mayer scrive anche di bancarotta, bollette, referendum, nascite, pesca sul ghiaccio, infermiere, inflazione, Napoleone, torte e crostate, e molto molto altro, quanto più è capace di pensare. Il mondo fa irruzione e si espande, ma non sostituisce o scansa la loro vita condivisa. Con il buio, Mayer fa i conti con la realtà della sua esperienza vissuta. Come fa a dire di conoscerla, o essere sicura di sapere che il mondo è tutto ghiaccio? Ha dalla sua memoria, libertà, ragione, tempo, mancanza di ragione, nessun dio, eppure la somma non quadra. La mente è carica delle impressioni del giorno, l’io è sveglio da svariate ore ma l’unico modo per stimare l’impatto del proprio affetto è pensarlo come una spinta “decorosa”, una forma che sostiene la vita. Il crepuscolo permette considerazioni più lucide sulla propria giornata, soprattutto su quello che un affetto composto e discreto ha permesso di evitare: perdere la memoria, dormire dodici ore, svegliarsi e precipitarsi a scrivere senza aver vissuto nemmeno un minuto.
I turn formally to love to spend the day,To you to form the night as what I know,An image of love allows what I can’t say,Sun’s lost in the window and love is belowLove is the same and does not keep that nameI keep that name and I am not the sameA shadow of ice exchanges the color of light.Love’s figure to begin the absent night.
Mi rivolgo formalmente all’amore per trascorrere la giornata,A te per formare la notte come quello che so,Un’immagine d’amore permette quello che non posso dire,Il sole è perso nella finestra e l’amore è sottoL’amore è uguale e non ha quel nomeIo ho quel nome e non sono ugualeUn’ombra di ghiaccio scambia il colore della luce.La cifra dell’amore per cominciare la notte assente.
Notte
Di notte si scrive, sapendo però che “il piacere senza alcun cambiamento diventa un compito”, ma che anche il compito — portare giù l’immondizia, per esempio — può diventare un piacere se restituisce amore alla vita. Se il poema è un tentativo di gelare l’istante della giornata, può essere anche un limite, un’immobilità che afferma la semplice contentezza raggiunta dentro un rifugio modesto, ma grazioso e pulito. Il sospetto è che tutta questa bellezza possa essere ritenuta eccessiva. Immeritata, perché non consola dalla fatica o dal dolore, ma li schiva inseguendo una presunta invisibilità.
So just because we’re married Don’t dismiss us, don’t forget to include usIn all the gay anthologies as a familyWe are still crazyAnd repentant and rushing the gorgeous pastAs the ice creeps into the house
Quindi solo perché siamo sposatiNon ignorateci, non dimenticate di includerciIn tutte le antologie gay come una famigliaSiamo ancora pazziE penitenti e precipitiamo lo splendido passatoMentre il ghiaccio si insinua in casa
C’è qualcosa di astratto nel ripulire una cucina per poi scoprire di non averla davvero pulita: alla fine della giornata Mayer chiede che cosa ci serve per prestare attenzione all’ordinario e trovarlo bello e labirintico, ma anche come non sbilanciarci dall’altra parte, trovarlo troppo sicuro e perciò immeritevole di preoccupazione, troppo superfluo per essere tramandato. Alla luce, debitamente fatturata, della lampada sul comodino, Mayer chiude la “storia delle sue teorie”, il suo “saggio smanioso su arte e casa”, il suo “dizionario di amore riformista”.
La celebrazione della giornata più breve vede già nell’aureola elettrica del lampione il raggio caldo del sole imminente.
[Alt Text: ritratto di famiglia a colori nella casa di Lenox nel 1977: da sinistra, Bernadette Mayer che guarda Sophia neonata mentre la tiene in braccio, Lewis Warsh solleva Marie, entrambi guardano dritto verso l’obiettivo. Dietro di loro un divano, un tavolino con una pianta, un quadro astratto e una porta chiusa. Fonte.]
Per approfondire:
Altre poesie: “Bernadette Mayer”, The Poetry Foundation
Registrazioni, letture, materiali orali raccolti da PennSound
“Lives of the Poets: Bernadette Mayer”, intervista di Adam Fitzgerald, The Poetry Foundation
“Epistolary Sisterhood: On ‘The Letters of Rosemary and Bernadette Mayer 1976–1980’”, Rose Higham-Stainton, LARB, 7 ottobre 2022.
“Bernadette Mayer remembers Memory (1971), Artforum, 25 maggio 2020
“Bernadette Mayer, the Poet of Escape”, Rivka Galchen, New Yorker, 9 dicembre 2022
“Bernadette Mayer: 1945–2022”, New Directions Books, 30 novembre 2022.